I quattro sapori base – dolce, salato, acido, amaro -, l’olfatto e le sensazioni tattili sono distinzioni e categorie molto utili, ma la scoperta di un nuovo gusto come l’umami, l’introduzione di nuovi descrittori del nostro universo sensoriale come la texture o il kokumi, ci indica che non vi è nulla di definitivo in questo campo.
Tutto questo è dovuto sia a una ricerca scientifica in continua evoluzione e supportata da nuove tecnologie sempre più raffinate, sia alla nostra attuale crescente ricerca del piacere.
Il nostro stile di vita, con le pause pranzo frettolose, i lunghi viaggi in aereo o in nave dove sono serviti cibi scongelati e a lunga conservazione, o il desiderio di ridurre i tempi di preparazione del pranzo e della cena per ragioni lavorative utilizzando prodotti preconfezionati o precotti acquistati nella grande distribuzione, ha notevolmente ristretto la nostra sensibilità sensoriale, provocando una regressione del nostro universo sensoriale.
Occorre un diverso stile di vita, una vera e propria rivoluzione culturale.
Vi è un collegamento, che spesso ci sfugge, fra le nostre capacità di percezione sensoriale del cibo e il mondo globalizzato, la biodiversità, il degrado dell’ambiente e persino l’organizzazione moderna del lavoro e del nostro tempo libero.
La conoscenza della fisiologia sensoriale ci mostra il collegamento fra i nostri sensi e il cervello. L’alimentazione, superato il bisogno primario, è una fonte di piacere. La degustazione è un fenomeno edonistico che ci dà gioia nell’individuare in un cibo l’interazione fra più gusti e sapori che vengono a contatto con la lingua. Occorrono, oltre a poche ed essenziali conoscenze fisiologiche, allenamento, concentrazione e passione.
La degustazione sensoriale è un’occasione culturale; nel sapore di un cibo ci sono il lavoro e l’esperienza di un agricoltore, di un ortolano o di un pastore: conoscerli, ci consente di allargare il nostro sapere e di conseguenza il nostro universo dei sensi e la nostra cultura.